martedì 16 gennaio 2018

Clamoroso a Laurenzana: no ai migranti.


Laurenzana ha detto “no” all’accoglienza dei migranti nel centro della Rupe. L’esito del referendum celebrato domenica, che ha richiamato anche l’attenzione dei media nazionali, è stato chiaro: dei 413 votanti (pari ad appena il 23,5% degli aventi diritto), ben 341 hanno detto no e solo 59, invece, si sono mostrati accoglienti. Precisato che il dato dello spoglio si completa con 7 schede bianche e 6 nulle, e che la scarsa partecipazione alle urne non conferisce al risultato dell’iniziativa voluta dal sindaco, Michele Ungaro, l’alone della piena rappresentatività, indubbiamente l’esperienza portata a termine dal primo cittadino, al netto delle prevedibili reazioni delle parti politiche opposte, merita una riflessione. Se una percentuale così netta tra i cittadini che si sono recati al voto ha detto “no” all’accoglienza, nonostante il continuo appello di Papa Francesco in senso inverso, e il circo mediatico che non fai mai (dolosamente) venire a galla tutto quello che c’è sotto un tema così complicato e controverso, evidentemente c’è da chiedersi come mai. Specie in una terra come la Basilicata, sempre pronta ad accogliere senza se e senza ma. Perché, dunque, si è arrivati a tale risultato? D’accordo, il campione non può essere considerato pienamente rappresentativo (ma siamo sicuri che il restante 76,5% degli aventi diritto avrebbe votato in toto per il sì?), ma se chi è andato alle urne si è espresso negativamente un motivo ci sarà. E, probabilmente, va ricercato nella paura e nella diffidenza che su questo tema, progressivamente, sono venute a galla. La gente ha paura o, come detto, diffida dell’arrivo generalizzato dei migranti. Come mai? Il cittadino medio non è poi così impreparato e, al netto della stampa di regime che cerca di indirizzare la questione come più le aggrada, e nonostante la Chiesa spinga tanto nella direzione dell’accoglienza, evidentemente qualcosa non torna nella mente della popolazione. Bisognerebbe prendere atto che una cosa è inserire poche persone, possibilmente famiglie al completo e in numero congruo, in un determinato contesto. Altro è, invece, destinare folle di persone richiedenti asilo in strutture nelle quali gli stessi non solo non si integrano con i locali, ma spesso sono costretti a bivaccare e a non fare nulla. E allora il problema è sempre lo stesso: sarebbe necessario separare il business sui migranti dall’accoglienza vera e propria e fare in modo che queste persone, le quali, non va dimenticato, in larga parte fuggono da situazioni non idilliache, possano davvero sentirsi parte integrante di una comunità. La sensazione è che, così facendo, però, il business potrebbe venir meno. E allora, continuando a mantenere le cose come stanno, non ci si dovrà poi meravigliarsi se il cittadino si mostrerà riottoso e si pronuncerà per il “no” all’accoglienza. Specie se fatta a immagine e somiglianza dei mercanti di vite umane.
Piero Miolla

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