Laurenzana ha detto “no”
all’accoglienza dei migranti nel centro della Rupe. L’esito del referendum
celebrato domenica, che ha richiamato anche l’attenzione dei media nazionali, è
stato chiaro: dei 413 votanti (pari ad appena il 23,5% degli aventi diritto),
ben 341 hanno detto no e solo 59, invece, si sono mostrati accoglienti.
Precisato che il dato dello spoglio si completa con 7 schede bianche e 6 nulle,
e che la scarsa partecipazione alle urne non conferisce al risultato
dell’iniziativa voluta dal sindaco, Michele Ungaro, l’alone della piena
rappresentatività, indubbiamente l’esperienza portata a termine dal primo
cittadino, al netto delle prevedibili reazioni delle parti politiche opposte,
merita una riflessione. Se una percentuale così netta tra i cittadini che si
sono recati al voto ha detto “no” all’accoglienza, nonostante il continuo
appello di Papa Francesco in senso inverso, e il circo mediatico che non fai
mai (dolosamente) venire a galla tutto quello che c’è sotto un tema così
complicato e controverso, evidentemente c’è da chiedersi come mai. Specie in
una terra come la Basilicata, sempre pronta ad accogliere senza se e senza ma.
Perché, dunque, si è arrivati a tale risultato? D’accordo, il campione non può
essere considerato pienamente rappresentativo (ma siamo sicuri che il restante
76,5% degli aventi diritto avrebbe votato in toto per il sì?), ma se chi è
andato alle urne si è espresso negativamente un motivo ci sarà. E,
probabilmente, va ricercato nella paura e nella diffidenza che su questo tema,
progressivamente, sono venute a galla. La gente ha paura o, come detto, diffida
dell’arrivo generalizzato dei migranti. Come mai? Il cittadino medio non è poi
così impreparato e, al netto della stampa di regime che cerca di indirizzare la
questione come più le aggrada, e nonostante la Chiesa spinga tanto nella
direzione dell’accoglienza, evidentemente qualcosa non torna nella mente della
popolazione. Bisognerebbe prendere atto che una cosa è inserire poche persone,
possibilmente famiglie al completo e in numero congruo, in un determinato
contesto. Altro è, invece, destinare folle di persone richiedenti asilo in
strutture nelle quali gli stessi non solo non si integrano con i locali, ma
spesso sono costretti a bivaccare e a non fare nulla. E allora il problema è
sempre lo stesso: sarebbe necessario separare il business sui migranti
dall’accoglienza vera e propria e fare in modo che queste persone, le quali,
non va dimenticato, in larga parte fuggono da situazioni non idilliache,
possano davvero sentirsi parte integrante di una comunità. La sensazione è che,
così facendo, però, il business potrebbe venir meno. E allora, continuando a
mantenere le cose come stanno, non ci si dovrà poi meravigliarsi se il
cittadino si mostrerà riottoso e si pronuncerà per il “no” all’accoglienza.
Specie se fatta a immagine e somiglianza dei mercanti di vite umane.
Piero Miolla
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