mercoledì 14 febbraio 2018

Carnuuer e Curemma a Tursi


Circa 50 allestimenti, arricchiti dal colore delle arance, con fantocci realizzati utilizzando materiali riciclati destinati alla distruzione e il coinvolgimento di oltre 100 volontari. 
Sono i numeri della seconda edizione di “Carnuuer e Curemma”, la tradizione tutta tursitana del Carnevale la cui durata, interrotta probabilmente negli anni ’60, è di oltre un cinquantennio. Quella delle due maschere è una storia d’altri tempi, presente in diverse località del Sud ma, sotto mentite spoglie, anche in aree particolari del Nord-Italia. 
L’iniziativa, che anche per quest’anno è stata promossa da Rabite Bus, si è concretizzata con il posizionamento delle maschere sia nella centrale via Roma e, soprattutto, nei suggestivi angoli del centro storico, ad iniziare del Petto e, risalendo, sino alla chiesa di San Filippo, proseguendo poi per quella di San Michele e, superando A’ Pitrizz per terminare in Rabatana. 
Su questo percorso i fantocci del carnevale tursitano hanno “ripopolato” parti dell’antico paese che vive da tempo situazioni di abbandono. 
“Si tratta – ha spiegato Carmela Rabite - di riprendere la tradizione dal basso, riscoprendo la creatività e la manualità tipica del mondo popolare, sia cittadino che contadino, e coinvolgendo come nel nostro caso anziani e nuove generazioni ma soprattutto intere famiglie”. Il personaggio di Carnuuer, non va dimenticato, è immaginato come nullafacente, oppure, attualizzandone la figura ai tempi che viviamo, un “precario” in tutto, anche nei sogni. La sua compagna Curemma, anch’essa, di riflesso, “precaria”, vive la propria dimensione casalinga con un pensiero fisso che domina la sua mente: dov’è Carnuuer e, soprattutto, cosa sta facendo? Entrambi vengono rappresentati come persone diventate, nel volgere di pochi anni, anziani. Il primo per trascorrere il tempo, in assenza di lavoro retribuito ed in attesa di un trattamento pensionistico minimo, davanti ai bar (un tempo nelle cantine), la seconda, giunta l’ora del pranzo o della cena, in giro a cercarlo per riportarlo a casa. 
Le due maschere tursitane sono state scelte e premiate a Lagonegro, nel corso della rassegna “Sant’Antonio, maschere antropologiche della Basilicata e non solo” dove, insieme a quelle di Episcopia, Stigliano e Montescaglioso. Nel corso della manifestazione, alla quale ha partecipato Rabite Bus, l’associazione Epicanto di Episcopia, le Pro-loco di Stigliano e Montescaglioso, sono intervenuti il vicesindaco di Lagonegro, Giuseppe Sabella, Roberta Caramia, dell’associazione “Cinema Mediterraneo”, Giuseppe Aromando, direttore del museo civico etnoantropologico di Montesano sulla Marcellana, e Milena Falabella, presidente dell’associazione “A Castagna Ra Critica”-Conoscere Lagonegro.
Piero Miolla

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