Circa 50 allestimenti, arricchiti
dal colore delle arance, con fantocci realizzati utilizzando materiali
riciclati destinati alla distruzione e il coinvolgimento di oltre 100
volontari.
Sono i numeri della seconda edizione di “Carnuuer e Curemma”, la tradizione
tutta tursitana del Carnevale la cui durata, interrotta probabilmente negli
anni ’60, è di oltre un cinquantennio. Quella delle due maschere è una storia
d’altri tempi, presente in diverse località del Sud ma, sotto mentite spoglie,
anche in aree particolari del Nord-Italia.
L’iniziativa, che anche per
quest’anno è stata promossa da Rabite Bus, si è concretizzata con il posizionamento delle
maschere sia nella centrale via Roma e, soprattutto, nei suggestivi angoli del
centro storico, ad iniziare del Petto e, risalendo, sino alla chiesa di San
Filippo, proseguendo poi per quella di San Michele e, superando A’ Pitrizz per
terminare in Rabatana.
Su questo percorso i fantocci del carnevale tursitano hanno “ripopolato” parti dell’antico paese che vive da tempo situazioni di abbandono.
“Si tratta – ha spiegato Carmela Rabite - di riprendere la tradizione dal
basso, riscoprendo la creatività e la manualità tipica del mondo popolare, sia
cittadino che contadino, e coinvolgendo come nel nostro caso anziani e nuove
generazioni ma soprattutto intere famiglie”. Il personaggio di Carnuuer, non va
dimenticato, è immaginato come nullafacente, oppure, attualizzandone la figura
ai tempi che viviamo, un “precario” in tutto, anche nei sogni. La sua compagna
Curemma, anch’essa, di riflesso, “precaria”, vive la propria dimensione
casalinga con un pensiero fisso che domina la sua mente: dov’è Carnuuer e,
soprattutto, cosa sta facendo? Entrambi vengono rappresentati come persone
diventate, nel volgere di pochi anni, anziani. Il primo per trascorrere il
tempo, in assenza di lavoro retribuito ed in attesa di un trattamento
pensionistico minimo, davanti ai bar (un tempo nelle cantine), la seconda,
giunta l’ora del pranzo o della cena, in giro a cercarlo per riportarlo a casa.
Le due maschere tursitane sono state scelte e premiate a Lagonegro, nel corso
della rassegna “Sant’Antonio, maschere antropologiche della Basilicata e non
solo” dove, insieme a quelle di Episcopia, Stigliano e Montescaglioso. Nel
corso della manifestazione, alla quale ha partecipato Rabite Bus,
l’associazione Epicanto di Episcopia, le Pro-loco di Stigliano e
Montescaglioso, sono intervenuti il vicesindaco di Lagonegro, Giuseppe Sabella,
Roberta Caramia, dell’associazione “Cinema Mediterraneo”, Giuseppe Aromando,
direttore del museo civico etnoantropologico di Montesano sulla Marcellana, e
Milena Falabella, presidente dell’associazione “A Castagna Ra
Critica”-Conoscere Lagonegro.
Piero Miolla
Nessun commento:
Posta un commento