Conoscere le radici per guardare
al futuro. E’ stato questo il canovaccio di una manifestazione tenuta a
Pisticci, in chiesa Madre, in occasione delle celebrazioni della notte di
Sant’Apollonia, quando una frana cambiò per sempre la storia e la geografia di
Pisticci, spaccando in due il rione Terravecchia e dando luogo a quello che è
noto in tutto il mondo come il rione Dirupo.
Quella voluta dal gruppo social
“Noi… Pisticci, le nostre radici, il nostro futuro”, coadiuvato da Plus Hub e
supportato da Archeoart, è stata una serata ricca di spunti e suggestioni. Una
narrazione partecipata della notte di Santa Apollonia. Una manifestazione di
spessore, che ha voluto ricordare gli eventi della notte del 1.688 con uno
sguardo al futuro e i cittadini che si riappropriano della memoria storica,
condividendola.
“In una comunità come quella di Pisticci, che pare aver perso
l’identità e che deve ri-costruirla – recita una nota – c’è stata una sorta di
passeggiata virtuale nell’antico rione Casalnuovo nella chiesa Matrice, luogo
simbolo di quella notte di 330 anni fa”.
Dopo i saluti del parroco, don Rocco
Rosano, si sono susseguiti interventi che hanno contribuito a dare un quadro
completo degli eventi: dall’appassionata premessa sugli aspetti geologici del
geologo Francesco Vitelli al coinvolgente focus sulla possibile ora della
frana, proposto da Giuseppe D’Avenia, hanno accompagnato la discussione nel
vivo della ricostruzione storica brillantemente esposta dagli animatori del
gruppo social di appassionati di storia locale. La rievocazione delle vicende
trasmesse da antichi manoscritti, di cui ha raccontato con dovizia di
particolari Daniele Marzano, e la sorpresa finale: una suggestiva ipotesi
ricostruttiva del centro di Casalnuovo nel ‘500, realizzata graficamente da Vito
Antonio Baglivo a partire dalle informazioni raccolte e illustrate da Leo
Andriulli.
Gli eventi franosi che hanno sempre minacciato la stabilità
dell’abitato devono servire per il futuro, onde evitare di ripetere gli errori
del passato. Solo così potranno essere restituiti a Pisticci due simboli: la
chiesa di San Rocco, da troppi anni chiusa al culto, e il rione Dirupo, dal
quale passa il futuro del territorio e della comunità.
“Occorre il coraggio di
superare il paradosso del vincolo urbanistico che oggi ne limita l’uso e ogni
idea o progetto di riuso. Un assaggio storico su ciò che accadde nel 1688, la
cosiddetta “Ruina”: da dove cominciò la frana al numero presunto di morti, da
ciò che si è perso in termini architettonici a come fu risolta l’emergenza abitativa.
Importante anche il ruolo della Chiesa, con gli aiuti che arrivarono dal
vescovo di Tursi e l’accoglienza dei superstiti nelle abitazioni degli altri
rioni, come ha ricordato don Michele Leone, responsabile diocesano per i Beni
Culturali”.
Fatti, episodi, vicende, personaggi, luoghi di un tempo lontano,
che ha segnato la storia di Pisticci. La narrazione partecipata dal basso ha
confermato che i cittadini vogliono, finalmente, riappropriarsi delle loro
radici e della memoria storica per proiettarsi nel futuro.
Piero Miolla
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