venerdì 9 febbraio 2018

Quatt iov da nu piatt... L'editoriale di Leonardo Galeazzo

Come è ormai chiaro a tutti finalmente andremo a votare alle politiche, cosa che non succedeva da tempo, direi troppo. Ciò, inevitabilmente, porta ad un’assennata corsa fatta di promesse, sorrisi e buone intenzioni.
Nulla di strano se non fosse per il fatto che le promesse poi vanno mantenute! Si sentono, infatti, tanti buoni propositi e ricette miracolose che dopo, stranamente, diventano difficili ed irrealizzabili. Routine conosciuta e ormai anacronistica, visto il reiterato utilizzo decennale ma purtroppo resta un must della politica, un evergreen a quanto pare.
Il suo utilizzo non è rimasto confinato negli schemi della vecchia politica, anzi è stato ripreso come e più di prima probabilmente seguendo i preziosi consigli del commentariolum petitionis di Cicerone. Questo manualetto in forma epistolare scritto da Quinto Tullio Cicerone con lo scopo di dare consigli al più conosciuto fratello, Marco Tullio, per farsi eleggere al Senato della Repubblica, altro non è che un’attenta riflessione sull’importanza di apparire migliori di quello che si è, al fine di conquistare consensi elettorali anche promettendo cose irrealizzabili.
Ebbene sì, questo viene consigliato in detto testo e, probabilmente, sono tanti i politici che lo hanno letto. Invero lo scopo non è quello di realizzare. Almeno non sempre. Ma di far credere di poterlo fare. Questa, però, è un’altra storia su cui sarà interessante soffermarci, ma non ora.
Nell’attuale riflessione diventa inevitabile analizzare, semplicemente, la credibilità. È indubbio che governare è cosa ben più complicata del promettere quindi, a volte, inciampare nelle lungaggini della burocrazia o cambiare le priorità di intervento è fisiologico, ma è altrettanto vero che questo diventa, troppo spesso, un alibi.
Inoltre diventa poco credibile sottolineare difficoltà realizzative su argomenti costitutivi e su cui si è fondato gran parte del consenso elettorale. Tale atteggiamento rischia di minare, oltre che i propri principi, anche quella coerenza che distingue la campagna elettorale dall’amministrare, l’opposizione dall’esecutivo, le chiacchiere dai fatti.
Ad esempio può succedere che in un luogo dove c’erano tutte le condizioni per realizzare ciò che si è promesso (fermento, volontariato, regole) questo non avvenga. Vi voglio parlare della sbandieratissima democrazia partecipata, dal basso, sussidarietà orizzontale, cittadinanza attiva. Si può dire in tanti modi, ma quello che ancora non si può dire è che ci sia!
Mi duole ricordare, infatti, che sono ancora al vaglio dei nostri amministratori due mezzi che nutrirebbero concretamente la fame di partecipazione e collaborazione che a quanto pare recriminano tutti a parole, sia gli amministrati che gli amministratori.
Si sta parlando del progetto di cittadinanza attiva, esplicatosi in un regolamento con una delibera del Consiglio comunale del 18 marzo 2016 (primo comune lucano) di cui, ad oggi, non c’è traccia e neanche contezza, nonostante le numerose sollecitazioni fatte in prima persona e non solo. Strumento di un’importanza rilevante sotto svariati aspetti più volte analizzati in dibattiti aperti e partecipati, ma snobbato da chi l’ha usato solo come mezzo della propria “mission”.
L’altro è una proposta finalizzata a regolamentare la convocazione del Consiglio comunale aperto smarcandola dall’attuale dinamica “di concessione”, per evolverla in autonoma fattispecie, fissandone i presupposti per la sua attuazione (quest’ultima ferma dal 2016 data in cui è stata protocollata).
Entrambi mezzi di democrazia diretta, orfani di un esecutore e non di un portavoce e questo pare paradossale alla luce dei principi della governance. I pochi mezzi a disposizione dello scrivente sono stati attivati per sollecitare ed avere informazioni a riguardo ma, purtroppo, alle rassicurazioni  non sono seguiti i fatti, come nella più classica delle storie, sicuramente per mole di lavoro o per il poco tempo dall’insediamento.
Probabilmente tengo in un modo particolare a queste istanze (e per questo le ho inoltrate), mentre sono cose di poco conto e non utili alla comunità. Ma se è così, come mai le si voleva fare in campagna elettorale?
Leonardo Galeazzo


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