PIERO MIOLLA
Il tribunale del
Riesame di Reggio Calabria ha disposto l’immediata liberazione di Teresa Cordì,
arrestata nel corso dell’operazione denominata “Provvidenza 2” che a febbraio
scorso portò in carcere 33 persone, facendo seguito all’operazione
“Provvidenza”, che qualche tempo prima aveva coinvolto altre persone, tra cui
il marito della Cordì, l’imprenditore di Marconia Nicola Rucireta.
Amministratrice delle imprese di famiglia, Teresa Cordì era accusata di
intestazione fittizia, aggravata dal metodo mafioso, delle quote di tre società
operanti nel settore della pulizia e del catering, una delle quali con sede a
Pisticci. Società che, secondo gli investigatori, sarebbero state riconducibili
al marito, Rucireta, ed a Francesco
Cordì, fratello della signora Rucireta, snche lui arrestato a gennaio. L’indagine
ha riguardato il clan Piromalli, la ‘ndrina gioiese, che, secondo gli
investigatori, avrebbe spostato il suo “core business” a Milano servendosi di
una galassia di società riconducibili ad Antonio Piromalli, omonimo del
patriarca freddato negli anni ’60, nonché ad alcuni congiunti. La decisione dei
giudici reggini Silvia Capone, presidente del collegio, Carlo Bisceglia e
Valerio Trovato, è arrivata dopo che la Corte di Cassazione aveva disposto
l’annullamento con rinvio del provvedimento restrittivo della libertà (arresti
domiciliari) nei confronti della Cordì, emesso dal giudice per le indagini
preliminari presso il tribunale di Reggio Calabria il 15 febbraio. Il Riesame
ha in sostanza escluso la circostanza aggravante contestata alla Cordì, difesa
da Rossana Florio e Domenico Alvaro, disponendone la liberazione e riservandosi
il deposito delle motivazioni. Anche per il coniuge della Cordì, l’imprenditore
di Marconia Nicola Rucireta, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio il
provvedimento con il quale è stato posto ai domiciliari, che, a breve, verrà
discusso dal riesame. Il marito della Cordì, attualmente ai domiciliari nella
sua casa di Marconia, è accusato di aver dato corso al riciclaggio dei proventi
dell’attività illecita del clan Piromalli in società di servizio, operanti sia
in Calabria che in Basilicata. Rucireta, secondo gli investigatori, si sarebbe
inserito “in modo fraudolento, nella gestione dei servizi di pulizia e catering
di alcune strutture turistiche riconducibili ad importanti società di settore”
del Nord Italia”.
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