Dagli oltre 100mila euro di
Pisticci ai circa 20mila di Santarcangelo, il tema non cambia: sono i Comuni,
in ossequio all’assurda riforma Severino, che provvedono in larga parta al
mantenimento degli uffici dei giudici di pace, anche in Basilicata.
Da quando,
nel 2012, il “Governo tecnico” guidato Mario Monti decise, su mandato del
precedente esecutivo guidato da Silvio Berlusconi, che prima di essere
“prepensionato” lasciò in eredità un decreto nel quale c’erano i contorni della
futura riforma, il sistema giustizia vive sulle spalle dei cittadini. Non solo
per le vicende dei giudici onorari, mantenuti in larga parte dai Comuni e,
quindi, dai cittadini, ma anche per le soppressioni dei tribunali, che in
Basilicata ha fatto due vittime eccellenti: Melfi e Pisticci. Da allora,
infatti, per chiunque decida di percorrere l’impervia via della giustizia tutto
è diventato più difficile, ad iniziare dai chilometri in più che gli avvocati
dei circondari di Melfi e Pisticci, a braccetto con i propri clienti, devono
sobbarcarsi per presenziare in udienza. Tornando ai giudici di pace, che
proprio ieri hanno iniziato il dodicesimo sciopero in 13 mesi per protestare
con un’altra riforma, questa volta targata Andrea Orlando, in Basilicata, in
realtà, la situazione non è lineare.
Se a Pisticci e a Chiaromonte, solo per
citare due esempi, gli uffici dei giudici di pace sono totalmente a carico dei
municipi, tanto che i dipendenti sono, appunto, lavoratori dei rispettivi
comuni, a Santarcangelo e in molti altri centri lucani che sono sede di
siffatti avamposti della giustizia, il personale arriva dalle ex Aree
Programma, con tanto di stipendio base pagato dalla Regione Basilicata.
Due
pesi e due misure, dunque? Chissà. Non sarebbe la prima volta e, probabilmente,
neanche l’ultima. Sta di fatto che, sia a Pisticci che a Santarcangelo, se
manca un toner o fa troppo freddo, la spesa è comunque a carico dei municipi.
Lo stesso dicasi per la fornitura dell’energia elettrica o per l’acqua, per
tutto il materiale di cancelleria e, ovviamente, anche per il sistema
informatico, dove c’è. Oggi come oggi, dunque, se il tema portante è quello
della protesta dei giudici di pace, in sciopero fino a febbraio, certamente
anche sapere che siamo noi cittadini a mantenere quello che spesso è rimasto
l’unico avamposto della giustizia (questo è accaduto a Pisticci, ad esempio)
non può non suscitare interrogativi. E se la Regione Basilicata ha deciso di
venire incontro ai municipi interessati, con una delibera approvata lo scorso
dicembre, mettendo a disposizione degli uffici giudiziari lucani 50
tirocinanti, resta però da capire a chi toccherebbe versare alcune voci delle
buste paga. A Santarcangelo, ad esempio, lo stipendio base lo versa la Regione,
ma non è un caso che, proprio di recente, sia balzata agli onori della cronaca
la vicenda dei 4 dipendenti del locale ufficio del giudice di pace, i quali
hanno chiesto al Comune valligiano la corresponsione della cosiddetta
“indennità di amministrazione”.
Chi paga, dunque? Il Comune di Santarcangelo? E
gli altri centri che, pure, si servono di quell’ufficio giudiziario e, tra
l’altro, fanno anche parte dello stesso territorio di competenza dell’ex
Comunità Montana? Misteri lucani.
Piero Miolla
Piero Miolla

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