Immigrazione,
casta e condizioni socio-economiche. Sono alcuni tra i temi che, a giudizio del presidente nazionale dei Giovani Democratici, Michele Masulli, il Pd non ha
saputo interpretare, tanto da determinarne la sua sconfitta alle elezioni del 4
marzo.
“I fattori di questa debacle – ha spiegato Masulli - sono tantissimi. Di
fondo, però, c’è che le condizioni del Paese non rispettavano la proposta e il
racconto del Pd. Certo, noi scontiamo il fatto di essere stati al governo del
Paese per un’intera legislatura e di averlo fatto, peraltro, in una fase
difficilissima”. Ciò posto, però, Masulli riconosce che il suo partito ha
“sottovalutato o, comunque, non interpretato bene esigenze di fondo come quella
sulla immigrazione, che ha poi i dato grande consenso alla Lega, o le
condizioni socio-economiche difficilissime. Inoltre, ha inciso anche la
polemica contro la cosiddetta casta, che i grillini hanno saputo interpretare
mentre noi non abbiamo saputo dare un segnale. Troppo spesso il Pd è apparso lontano
dalle esigenze della gente, rinchiuso nel palazzo e incapace di raccogliere gli
umori più diffusi. Su questo credo che dobbiamo impegnarci di più e meglio nei
prossimi mesi, così come ritengo assolutamente necessario riattivare le sezioni
e stare di più tra le persone: negli ultimi anni il partito è rimasto immobile.
Abbiamo peccato di radicamento territoriale”.
Basta con un Pd ingessato ed
eterodiretto, dunque: adesso è necessario tornare a parlare alla gente, anche
per non essere percepiti come un’entità astratta. Masulli concorda. “E’ vero e
spesso i segretari di circolo vivono una condizione di abbandono da parte dei
livelli superiori, senza alcun mezzo per dare risposte alle richieste delle
persone. Vengono coinvolti esclusivamente in prossimità dei periodi elettorali
e non, invece, per le questioni fondamentali che attengono alla vita del
partito. La mia percezione personale in campagna elettorale è stata che,
sull’azione di Governo, ci fosse una valutazione tra luci e ombre, ma meno
negativa rispetto a quella sulla classe dirigente del partito, percepita come chiusa
e distante, addirittura spesso arrogante”.
In merito alle candidature, invece,
Masulli ritiene che il Pd abbia “scontato nei collegi il peso di scelte
nazionali: a Potenza è stata imposta una candidatura alla Lista Lorenzin,
rappresentata da Guido Viceconte, che difficilmente avrebbe potuto essere
digeribile dal centrosinistra, visti i suoi trascorsi nel centrodestra. A
Matera la scelta di Francesca Barra, che si è spesa molto in campagna
elettorale, ha scontato il suo scarso radicamento sul territorio. Gli altri
nomi, invece, pur importanti, han potuto poco davanti a un’ondata di
recriminazioni nei confronti di una classe dirigente che governa da anni in
Basilicata”.
Fatte queste premesse, onde evitare gli stessi errori, Masulli
ritiene che, “per le prossime tornate elettorali e, più in generale, per la
ricostruzione del partito, va fatto uno sforzo per la formazione e la selezione
della classe dirigente”. Per il futuro, dunque, sarà “utile rompere meccanismi
di filiera che spesso non permettono a energie vive, importanti e competenti di
sperimentarsi per come meritano nel partito. Bisogna investire sulla formazione
e sulla militanza per impostare criteri di selezione della classe dirigente,
non basati solo sulla fedeltà al capo filiera”.
Infine il tema di questi
giorni: il sostegno al M5S. “Il dato elettorale è chiaro e consegna un’enorme
responsabilità a M5S e Lega. Il Pd non ha l’onere principale di formare
l’esecutivo: non dobbiamo avere l’ansia di tornare al potere ma rispettare il
dato elettorale e valutare quanto, eventualmente, ci verrà chiesto da
Mattarella. Il Pd, infatti, è per tradizione forza di grande responsabilità”.
Piero Miolla
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