venerdì 29 giugno 2018

L'ex Club Med di Marina di Pisticci tra abbandono e degrado


Foto Elio D'Armento

Ventitré anni di vita e, ormai, già 8 di coma profondo. E’ la parabola del villaggio turistico ex Club Med di marina di Pisticci, il primo in assoluto a sorgere sulla costa jonica lucana nel lontano 1987 e, molto probabilmente, anche l’unico al momento condannato a morte. 
Nei locali del villaggio, siti a ridosso della spiaggia di San Basilio, proprio nei pressi della foce del fiume Cavone, regna il degrado e l’abbandono: suppellettili divelte o, comunque, semi distrutte e inutilizzabili, vasi riversi se non ridotti in cocci, erbacce dappertutto e, appunto, la sensazione di un tempo che fu. Eppure, questa struttura era considerata una sorta di fiore all’occhiello, almeno quando venne inaugurata e chiamata Metaponto. 
Nel corso degli anni ha ospitati tantissimi turisti, soprattutto stranieri, e anche qualche big. Un via vai di persone che ha dato lustro a tutta la riviera jonica lucana e, elemento da non sottovalutare, anche lavoro, sebbene stagionale, a circa centocinquanta persone, quasi tutte di Pisticci. Insomma, un investimento ben riuscito per una scommessa che sembrava vinta. Alla grande. E invece, nei primi anni 2000 le avvisaglie di qualche piccolo problema che si sarebbe materializzato di lì a poco. Numerose le richieste della proprietà di risolvere l’annoso (e attualmente non ancora risolto) problema del fiume Cavone, che sfociando in questo angolo del mar Jonio, sovente si mischia alle acque dello stesso mare con tutto il suo carico non proprio piacevole. In particolar modo, è stato il graduale disimpegno del Club Mediteranée, l’azienda francese che gestisce servizi per il turismo che deteneva, nel caso del villaggio di marina di Pisticci, il 40% del pacchetto azionario, a portare alla chiusura. L’altro socio, sebbene di maggioranza cioè Italia Turismo, una partecipata del ministero del Tesoro che detiene il 60% delle quote, non è riuscito (o non ha voluto?) a fermarne la chiusura.
I francesi, in buona sostanza, soprattutto dopo essere passati in mani turche hanno deciso di abbandonare la Basilicata e, dapprima attraverso il problema rappresentato dall’inquinamento del Cavone, e, successivamente, lamentando la necessità di elevare le stelle della struttura da quattro a cinque, hanno di fatto mollato la presa, determinando la chiusura della struttura. Decisione che ha finito per mettere in mezzo a una strada centocinquanta famiglie e lasciare alla mercé di chiunque una struttura che oggi risulta abbandonata a sé stessa. 
Come detto, lo spettacolo che si presenta ai visitatori è raccapricciante: porte divelte, ambienti nei quali c’è di tutto, suppellettili asportate o divelte, erbacce dappertutto e ricordi di serate e pomeriggi di altri tempi, quando il villaggio era molto curato e soprattutto molto frequentato. Dal 2010 tante le voci che si sono rincorse, tra ammiccamenti e improbabili cordate societarie. Ma, di fatto, non c’è stata alcuna novità positiva e nessun fatto concludente. 
Solo abbandono, incuria e degrado. Per una struttura che, laddove dovesse ripartire, andrebbe totalmente riqualificata, con ulteriore e sostanzioso aggravio di spesa. Insomma, oltre al danno, anche la beffa. Perché, considerando che nella proprietà c’è di mezzo un ministero, a pagare sarebbero come al solito i cittadini. E intanto il villaggio rimane immerso nei ricordi e nei rimpianti, oltre che nelle erbacce e nel degrado.
Piero Miolla

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