![]() |
Foto Elio D'Armento |
Ventitré anni di vita e, ormai,
già 8 di coma profondo. E’ la parabola del villaggio turistico ex Club Med di
marina di Pisticci, il primo in assoluto a sorgere sulla costa jonica lucana
nel lontano 1987 e, molto probabilmente, anche l’unico al momento condannato a
morte.
Nei locali del villaggio, siti a ridosso della spiaggia di San Basilio,
proprio nei pressi della foce del fiume Cavone, regna il degrado e l’abbandono:
suppellettili divelte o, comunque, semi distrutte e inutilizzabili, vasi
riversi se non ridotti in cocci, erbacce dappertutto e, appunto, la sensazione
di un tempo che fu. Eppure, questa struttura era considerata una sorta di fiore
all’occhiello, almeno quando venne inaugurata e chiamata Metaponto.
Nel corso
degli anni ha ospitati tantissimi turisti, soprattutto stranieri, e anche
qualche big. Un via vai di persone che ha dato lustro a tutta la riviera jonica
lucana e, elemento da non sottovalutare, anche lavoro, sebbene stagionale, a
circa centocinquanta persone, quasi tutte di Pisticci. Insomma, un investimento
ben riuscito per una scommessa che sembrava vinta. Alla grande. E invece, nei
primi anni 2000 le avvisaglie di qualche piccolo problema che si sarebbe
materializzato di lì a poco. Numerose le richieste della proprietà di risolvere
l’annoso (e attualmente non ancora risolto) problema del fiume Cavone, che
sfociando in questo angolo del mar Jonio, sovente si mischia alle acque dello
stesso mare con tutto il suo carico non proprio piacevole. In particolar modo,
è stato il graduale disimpegno del Club Mediteranée, l’azienda francese che
gestisce servizi per il turismo che deteneva, nel caso del villaggio di marina
di Pisticci, il 40% del pacchetto azionario, a portare alla chiusura. L’altro
socio, sebbene di maggioranza cioè Italia Turismo, una partecipata del
ministero del Tesoro che detiene il 60% delle quote, non è riuscito (o non ha
voluto?) a fermarne la chiusura.
I francesi, in buona sostanza, soprattutto
dopo essere passati in mani turche hanno deciso di abbandonare la Basilicata e,
dapprima attraverso il problema rappresentato dall’inquinamento del Cavone, e,
successivamente, lamentando la necessità di elevare le stelle della struttura
da quattro a cinque, hanno di fatto mollato la presa, determinando la chiusura
della struttura. Decisione che ha finito per mettere in mezzo a una strada
centocinquanta famiglie e lasciare alla mercé di chiunque una struttura che
oggi risulta abbandonata a sé stessa.
Come detto, lo spettacolo che si presenta
ai visitatori è raccapricciante: porte divelte, ambienti nei quali c’è di
tutto, suppellettili asportate o divelte, erbacce dappertutto e ricordi di
serate e pomeriggi di altri tempi, quando il villaggio era molto curato e
soprattutto molto frequentato. Dal 2010 tante le voci che si sono rincorse, tra
ammiccamenti e improbabili cordate societarie. Ma, di fatto, non c’è stata
alcuna novità positiva e nessun fatto concludente.
Solo abbandono, incuria e
degrado. Per una struttura che, laddove dovesse ripartire, andrebbe totalmente
riqualificata, con ulteriore e sostanzioso aggravio di spesa. Insomma, oltre al
danno, anche la beffa. Perché, considerando che nella proprietà c’è di mezzo un
ministero, a pagare sarebbero come al solito i cittadini. E intanto il
villaggio rimane immerso nei ricordi e nei rimpianti, oltre che nelle erbacce e
nel degrado.
Piero Miolla
Nessun commento:
Posta un commento