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mercoledì 5 dicembre 2018

l'Istat: "In Basilicata un bambino su due non legge"

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Secondo i dati Istat il 51,3% dei minori lucani tra i 6 e i 17 anni non ha letto libri nei 12 mesi precedenti: il valore è leggermente al di sotto della media nazionale, che è del 52,8%. In altre parole, un bambino su due non legge. Eppure, la lettura è anche uno strumento di crescita e di emancipazione, ancora più importante per i giovani che provengono dai contesti più deprivati. Nei primi anni, la lettura offre al bambino la possibilità di esplorare mondi e storie nuove, stimolandone fantasia e creatività. Più avanti, a scuola, è stata spesso sottolineata la relazione tra lettura e rendimento scolastico. Da adulto, le competenze linguistiche possono diventare un asset decisivo per ottenere un lavoro stabile, e anche per la propria realizzazione e gratificazione personale. 
Morale della favola? Per i motivi appena elencati quello sulla lettura dei libri è uno degli indicatori alla base dell’indice di povertà educativa elaborato da Save the Children. C’è, però, anche un altro aspetto da non trascurare. Quanto sono diffusi i servizi che possono aiutare a contrastare il fenomeno, come le biblioteche? In Basilicata, secondo una ricerca di Openpolis su dati dell’Associazione Italiana biblioteche, ci sono 1,63 biblioteche pubbliche non specialistiche ogni 1.000 minori (6-17 anni), 1,77 nella provincia di Potenza e 1.38 in quella di Matera. Il dato non è particolarmente negativo se lo si confronta con quello delle altre regioni italiane: i valori più alti sono quelli della Valle d’Aosta e del Molise, con più di tre biblioteche ogni 1.000 ragazzi, mentre la nostra regione si piazza al sesto posto. 
Ad incidere, però è anche la dimensione demografica: le regioni più piccole hanno maggiore facilità a raggiungere un rapporto maggiore, mentre le grandi regioni mostrano un rapporto inferiore. Dei 131 comuni lucani, poi, solo 88 sono dotati di almeno una biblioteca: di questi, 27 si trovano in provincia di Matera e 61 in quella di Potenza. Tutto bene, dunque? No, perché il numero di strutture non è sufficiente ad avere una contezza delle opportunità offerte ai ragazzi, in quanto non tiene conto di altri fattori altrettanto rilevanti, ma difficilmente rilevabili, quali la dimensione, la dotazione libraria, le capacità di accoglienza o la frequentazione effettiva da parte degli utenti. Insomma, anche su questo fronte la nostra regione, pur non versando in condizioni drammatiche, dovrebbe comunque cercare di migliorare, sempre tenendo conto che la lettura era e rimane uno strumento fondamentale per non rimanere in quel limbo chiamato scarsa conoscenza di ciò che ci circonda.
Piero Miolla

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lunedì 19 marzo 2018

Le molestie e i ricatti sessuali sul lavoro: male la Basilicata.


Il 5,5 per cento delle donne lucane ha subito, nel triennio 2014-16, molestie o ricatti sessuali da parte di un collega o di un datore di lavoro: è la percentuale più alta d’Italia. L’11,3 per cento, invece, le ha subite almeno una volta nel corso della sua vita, valore che ci colloca al terzo posto nella speciale classifica nazionale. 
Lo si apprende dai dati resi noti dall’Istat, che ha di recente scattato un’impietosa fotografia dell’endemico problema delle molestie nei confronti delle donne. Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica, inoltre, in Basilicata il 40 per cento delle donne tra i 14 e i 65 anni ha subito molestie sessuali almeno una volta nella sua vita, anche al di fuori del posto di lavoro, quindi anche in ambito domestico o familiare. Dato che, limitato agli ultimi tre anni, si ferma al 18,8. 
In Italia, invece, ben 425mila donne hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro, ma solo se ci si riferisce agli ultimi tre anni. Ampliando il dato temporale, l’Istat addirittura sostiene che quasi una donna su dieci (in pratica, l’8,9 per cento) è stata comunque vittima di fastidiose attenzioni nel corso della sua vita lavorativa, un dato sostanzialmente stabile se confrontato con quanto rilevato nel 2008-09 (periodo della precedente edizione dell’indagine). 
Ma quando e, soprattutto, come si manifesta la molestia o il ricatto? Sempre secondo l’Istat 167mila donne circa (pari all’1,1 per cento) sarebbero state ricattate sessualmente per essere assunte, per mantenere il proprio posto di lavoro oppure ottenere una promozione. La quota di coloro che hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul lavoro negli ultimi tre anni è inoltre più alta tra le giovani adulte e le donne più istruite. E che il caso delle molestie non riguardi solo le attrici o, comunque, le donne per così dire più in vista, lo confermano le cifre relative alle categorie di donne molestate. Il 37,6 per cento di esse è un’impiegata, il 30,4 lavora nel settore del commercio e dei servizi. Sono, quindi, soprattutto gli ambienti del settore terziario (call center, centri commerciali, aziende, etc.), i luoghi nei quali ricatti e molestie si verificano più spesso. Se questi sono alcuni dei dati più emblematici che l’Istat ha diffuso, l’indagine, però, rivela che anche gli uomini avrebbero i loro bei problemi in tal senso. 
Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica, infatti, nell’ultimo triennio addirittura un milione e duecentosettantaquattromila maschi sarebbero stati oggetto di molestie sessuali, quasi sempre da parte di altri uomini e non sempre sul luogo di lavoro. In ogni caso il cosiddetto “sesso forte” resta meno esposto a questo tipo di problema perché, hanno spiegato dall’Istat, di solito tali abusi sono legati ad una disarmonia in termini di potere. E, si sa, soprattutto in Italia (figuriamoci in Basilicata) le donne difficilmente rivestono posizioni di potere. Così accade che nonostante la grande maggioranza delle vittime (69,6 per cento) ritenga molto o abbastanza grave il ricatto subito, quasi nessuna di esse ne ha parlato con qualcuno sul posto di lavoro e men che meno ha segnalato il fatto alle forze dell’ordine. Segno, questo, di un grande disagio anche nel denunciare. 
Piero Miolla 

lunedì 29 gennaio 2018

Rinnovabili, Istat: Basilicata bene solo sulla carta.


Meno buchi nel sottosuolo e pale eoliche, più vantaggi per il cittadino. 
Sarebbe questo l’obiettivo da perseguire nel settore energetico per la nostra regione: un obiettivo, in realtà, ancora lontano. Se infatti, per ciò che concerne il settore petrolifero i dati sull’occupazione e sui concreti vantaggi per i lucani sono arcinoti (e tutt’altro che positivi), per quello delle rinnovabili si riscontra una dicotomia tra la dotazione lucana e le effettive ricadute sul territorio. 
Secondo l’Istat, difatti, la Basilicata è al quinto posto in Italia per quota di energia elettrica proveniente da fonte rinnovabile con l’82,2 per cento, dopo Valle d’Aosta (99,9), Trentino-Alto Adige (88,9), Umbria (88,3) e Marche (86,5). I dati, pubblicati nell’annuario statistico italiano 2017, si riferiscono al 2015, ma anche Terna, il grande operatore di reti per la trasmissione dell’energia, conferma per il 2016 che dei 2.643 giga watt/h prodotti nel 2016 in Basilicata, ben 2.483,8 derivano da fonte rinnovabile, in particolare dall’eolico che, da solo, ne fornisce il 63 per cento (1.571,8 Gwh). La maggior parte di questi impianti eolici sono localizzati in provincia di Potenza, che da sola genera il 78 per cento (1.228 Gwh) di tutto l’eolico regionale. Se all’eolico si aggiunge anche il fotovoltaico, poi, si arriva a coprire più dell’80 per cento della produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile e più del 70 del totale (rinnovabile+tradizionale). 
A fronte di tutta questa produzione, però, le ricadute sui cittadini (come per il petrolio) sono davvero poche. Come mai? Una delle spiegazioni, come ha avuto modo di sottolineare anche Ivano Scotti, sociologo di origini lucane nonché ricercatore della Federico II di Napoli, è che, come tutti i grandi impianti, anche le pale eoliche hanno il grosso limite di produrre degli introiti per il territorio solo nell’immediato, senza però creare crescita. Inoltre, portano a un inevitabile e oggettivo deturpamento del paesaggio. 
Probabilmente, quindi, il sistema meriterebbe di essere profondamente ripensato. In che modo? Dando meno importanza al mercato, e più spazio alle comunità, in particolare con la possibilità di installare impianti piccoli e medi, di tipo fotovoltaico o solare-termico o mini eolico. Solo in questo il cittadino risparmierebbe in termini di spesa energetica, con la possibilità anche per il mercato locale di una concreta crescita. Questa prospettiva, però, se non regolamentata e gestita correttamente rischia di generare ugualmente un impatto negativo. 
La questione, quindi, risiede nella capacità della politica di saper bilanciare gli opposti interessi, avendo presente una strategia ben definita. Tutte cose che, al momento, in Lucania sono ancora abbastanza flebili e carenti.
Piero Miolla