Costretti
nella morsa del precariato. E’ la situazione in cui verserebbe la platea degli Lsu
(Lavoratori socialmente utili) in Basilicata, stimata in oltre quattrocento
persone. Un’emergenza tra le emergenze, dunque, in una regione sempre presa
dalla lotta alla poltrona e dalle tattiche di partito, ma quasi mai schierata
in difesa di chi versa in situazione di precarietà. Il tema, mai tramontato e
sempre attuale, è stato rilanciato qualche giorno fa dal segretario generale
della Cgil di Basilicata, Angelo Summa. Il quale non ha esitato a ricordare
che, “tra le tante questioni che attanagliano il mondo del lavoro, tra disoccupazione
giovanile, povertà e precarietà, c’è anche il tema dei quattrocento lavoratori
socialmente utili impegnati in molti Comuni senza nessuna tutela, previdenziale
e retributiva. Una situazione ormai di lungo corso – ha sottolineato Summa -
che continua nella più totale indifferenza dei sindaci e del governo
regionale”. Il leader della Confederazione Generale Italiana del Lavoro ha poi
aggiunto che “si tratta di lavoratori che, pur svolgendo importanti e
fondamentali funzioni pubbliche, che vanno dalla raccolta dei rifiuti alla
gestione diretta di servizi amministrativi e tecnici propri degli enti locali,
vivono una condizione di vero e proprio sfruttamento, equiparati nell’attività
lavorativa ai lavoratori pubblici ma privi delle stesse tutele e della dovuta
retribuzione”. Non a caso, l’esponente sindacale ha definito la situazione di
questi quattrocento soggetti “paradossale, che rasenta l’illegittimità”. Ma per
Summa la cosa più grave è che “le amministrazioni comunali hanno a disposizione
non solo incentivi economici, ma anche un quadro normativo che consente, anzi
le obbliga, qualora abbiano spazi assunzionali, a procedere prioritariamente
alla stabilizzazione degli Lsu in possesso dei requisiti”. Ecco perché, volendo
fare una classificazione della precarietà, quella degli Lsu è definita da Summa
“insopportabile, non fosse altro perché è generata dalla pubblica amministrazione
e dal governo regionale che, pur in presenza delle condizioni per potenziali
stabilizzazioni, continua a tenere questi lavoratori stretti nella morsa del
precariato. Governare significa soprattutto scegliere le priorità, porre in
essere azioni programmatiche ed amministrative guardando alle persone e alla
loro condizione, liberandole dal bisogno; assistiamo, invece, quotidianamente a
roboanti annunci privi di aderenza con la realtà e che lasciano irrisolti nodi
storici che costellano la nostra regione”. E così, ai temi ambientali, a quelli
del petrolio e del lavoro in generale che manca, si aggiunge anche quello degli
Lsu. Che spesso vivono situazioni al limite del paradosso, stretti come sono
tra il sogno di un lavoro stabile e definitivo e le difficoltà (vere o
presunte) delle pubbliche amministrazioni che non possono (oppure in alcuni
casi non vogliono?) stabilizzare siffatti lavoratori. In vista dell’ormai
prossima campagna elettorale, scommettiamo che il tema diverrà oggetto di
fervido dibattito e facili promesse? Sarebbe l’ennesima colpo al cuore di una
platea che, pur lavorando, non riesce a trovare certezze, se non quella della
precarietà.
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