Ammonta a 1 miliardo e 261
milioni il deficit fiscale della Basilicata nei confronti dello Stato. Il dato,
calcolato da Eupolis, l’istituto superiore per la ricerca, la statistica e la
formazione di Regione Lombardia, rappresenta una stima del livello delle
entrate e delle spese delle amministrazioni pubbliche a livello regionale e
consente di calcolare il saldo, il residuo fiscale appunto, come la differenza
tra il contributo che ciascun individuo fornisce al finanziamento dell’azione
pubblica e i benefici che ne riceve sotto forma di servizi pubblici.
La
Basilicata, quindi, avendo un saldo negativo, di fatto riceve dallo Stato
centrale più di quanto versi come tributi. Rispetto al totale della spesa
pubblica nazionale quella destinata alla Basilicata costituisce appena l’1% (il
16 va al Lazio, il 10 alla Lombardia), ma i trasferimenti statali rivestono un
ruolo importante in regione, in quanto equivalgono a ben il 21% del Pil
regionale, una percentuale piuttosto alta, se si considera che in Lombardia,
dove si registra il valore minimo, tale percentuale è pari al 6,46%.
Ogni
lucano riceve in media dallo Stato sotto forma di trasferimenti 3.937 euro
all’anno. Tuttavia, se può consolare, oltre alle altre regioni del Mezzogiorno,
anche quelle a statuto speciale settentrionali sono piuttosto privilegiate: a
un bolzanese vengono trasferiti più di 8.600 euro all’anno, a un trentino
7.600, a un valdostano quasi 7.500. C’è da aggiungere, infine, che il residuo
fiscale pro capite dei lucani, pari nel 2016 a -2.192 euro, è in diminuzione
rispetto al 2015. A fronte di una spesa che non si discosta molto da quella
delle altre regioni, dunque, il miglioramento del residuo fiscale non può che
essere correlato ad un aumento delle entrate e quindi a segnali di
miglioramento dell’economia regionale o, in alternativa, a una diminuzione
dell’economia sommersa.
Questi dati possono essere letti sotto una duplice
ottica. Da un lato, infatti, dimostrano come in una prospettiva federalista o
autonomista le regioni meridionali si troverebbero in grande difficoltà senza
un sistema di perequazione su base nazionale, in quanto non riuscirebbero a
coprire con il proprio gettito fiscale tutte le spese necessarie. Del resto,
proprio la disparità nella quota dei trasferimenti statali e nei residui
fiscali regionali è stata una delle ragioni alla base della scelta di Lombardia
e Veneto di chiedere maggiore autonomia. Da un altro lato, però, va considerato
che la capacità di generare gettito fiscale è proporzionale al reddito prodotto
dal territorio, pertanto i differenziali di sviluppo tra Nord e Sud influiscono
in maniera notevole sul quadro delineato. Per colmare il gap, quindi è
fondamentale l’intervento dello Stato per la redistribuzione delle risorse sul
territorio, in modo da compensare le carenze laddove vengano registrate.
In
altri termini, i dati sul residuo fiscale sono in un certo senso anche uno
strumento attraverso il quale valutare l’adeguatezza dell’azione redistributiva
dell’operatore pubblico. In Basilicata, poi, incide anche un altro fattore: la
dimensione demografica. Le regioni più piccole, infatti, mostrano livelli di
spesa pro capite maggiori dovuti, forse, alla indivisibilità di alcuni beni
pubblici e a diseconomie di scala.
Piero Miolla
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