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martedì 27 novembre 2018

Domani mattina importante appuntamento culturale a Bernalda



Incontro con l’autore, domani mattina dalle 9, 15 nell’aula magna dell’istituto superiore di Bernalda. Nell’ambito del cinquantenario del liceo scientifico Parisi, verrà presentato il saggio storico di Pietro Tamburrano, dal titolo “Cristianesimo e monachesimo nella Terra di Pitagora”, edito per i tipi della Tipografia Disantis di Bernalda. A fare gli onori di casa il dirigente scolastico Giosuè Ferruzzi, il sindaco Domenico Tataranno e la professoressa Barbara Lombardi, che modererà l’incontro con gli studenti, alla presenza dell’autore.
Poliedrica la personalità culturale di Tamburrano, storico, docente, filosofo, saggista e critico letterario. A lui si deve l’istituzione, all’interno dello scientifico bernaldese, del laboratorio di storia, con la sperimentazione di nuove forme di didattica attiva e coinvolgente. Protagonista assoluto del volume è un’intera area geografica, il Metapontino, terra di storia e di religioni, ma anche di filosofia e di scienza. Crocevia di popoli e di culture. La Terra di Pitagora, insomma, in cui il pensiero matematico si è fatto Scuola. E il teorema laico della conoscenza ha incrociato il verbo cristiano dell’esistenza. Espandendosi con l’evangelizzazione apostolica, fino all’approdo del Monachesimo Basiliano, capace di riconciliare e ricomporre le due anime del mondo antico: Oriente e Occidente. Lo studio di Pietro Tamburrano apre scenari di indagine storica pressoché inesplorati, tracciando le basi per successivi percorsi scientifici.
Fonti religiose di antichi testi sacri incontrano testimonianze di studio geo-antropologico su Metaponto, all’interno di una ricerca bibliografica attenta e certosina, corredata da riferimenti testuali e archeologici. Vengono esaltate la competenza dello studioso, l’asciuttezza dello storico, l’eleganza dell’abile saggista, ma soprattutto il cuore e la passione di chi, figlio legittimo di quella terra, vuole entrare nell’animo della “madre” che l’ha accolto e formato.
La storia di Metaponto, definita Terra di Pitagora, è narrata sin dalle sue antiche origini (700-800 a.C.). Attraverso la sua parabola esistenziale, fino alla successiva distruzione, avvenuta intorno al 73-71 a.C. Quindi l’esodo della popolazione verso le zone dell’immediato entroterra. Fino a quando la cristianizzazione ne rinfocolò l’esistenza. Richiamata dalla “risonanza” che la scuola pitagorica di Metaponto esercitava ancora nel Mediterraneo, nei primi secoli dopo Cristo. In un “non luogo” che sopravviveva a se stesso, dopo aver assunto l’aspetto di una “città filosofica”.
Nel Medioevo Metaponto tornò a fiorire con l’avvento dei Monaci orientali Basiliani, che lì trovarono terreno fertile. In una terra che ha saputo fondere e coniugare, per secoli, sapienza filosofica, scienza e religione. Attraverso il solidarismo monastico bizantino. Uno studio a tutto campo, dunque, quello del professor Tamburrano, che rimane aperto a successive “contaminazioni”, nel segno della ricerca. Con l’unico obiettivo di far crescere il Metapontino, territorio di varia umanità.
Angelo Morizzi

martedì 13 novembre 2018

A Bernalda un convegno per celebrare il centenario della "Grande Guerra"



Un convegno per celebrare il centenario della fine della Prima Guerra mondiale. Si è tenuto a Bernalda, nell’aula magna dell’istituto di istruzione superiore. E sulle conseguenze che la Grande Guerra ha prodotto nel ventennio successivo, fino al 1938. Promotore dell’iniziativa culturale, affollata di studenti del quinto anno di corso, è stato il professor Raffaele Pinto, responsabile del Dipartimento di Storia e Filosofia del Liceo Scientifico “Matteo Parisi” di Bernalda. Al tavolo altri relatori d’eccezione, come Antonio Pinto, ex ispettore scolastico e il professor Angelo Tataranno. Sotto i riflettori la lettura che, dopo il 1918 e fino al 1938, l’Italia ha fatto del primo conflitto mondiale, tra comprensibili momenti di legittimo patriottismo e discutibili usi retorico-strumentali. Che, dai libri di testo ai giornali, dalle scuole alla piccola e grande politica, in quegli anni sono stati messi in campo per giustificare l’avvento del fascismo e la conseguente tirannide.
“Fino al 1922 - ha riferito Raffaele Pinto - la celebrazione della fine della guerra costituì prevalentemente un modo per ricordare, nella comprensibile gioia per la vittoria, la memoria dei tanti, troppi caduti, che furono circa 650 mila. Con l’avvento del regime mussoliniano, invece, il momento pubblico del ricordo del conflitto, dei morti e della vittoria, divenne pretesto per creare una sorta di legame, neanche troppo sottile ed evanescente, tra il lontano Risorgimento, con l’epopea garibaldina, e la guerra mondiale. Letta come quarta guerra d’indipendenza e nascita di una nuova Italia, pronta a legittimare il fascismo, per la realizzazione di un Paese più grande e forte”.
Antonio Pinto si è poi soffermato sulle letture scolastiche date alla guerra, attraverso i libri di testo. Mentre Angelo Tataranno si è intrattenuto sull’esito sociale, locale e nazionale della Prima guerra mondiale, col biennio rosso e le lotte operaie. Raffaele Pinto, quindi, ha evidenziato il modo in cui, retoricamente, la fine della guerra, il tema della bella morte e del sacrificio per la Patria sia stato reso visibile. Attraverso i numerosi monumenti, gli archi di trionfo, i viali e i parchi della Rimembranza, di cui il nostro Paese è pieno.
Saluti e riflessioni sono stati affidati, quindi, al padrone di casa, il dirigente scolastico Giosuè Ferruzzi, che si è detto “compiaciuto per la partecipazione, attenta e sempre viva, dei tanti maturandi presenti in aula magna”. Per un appuntamento culturale che ha indotto a riflettere sul male della guerra e sull’inutile pericolosità, costituita da ogni forma di retorica. La quale finisce, spesso, per offuscare quello che è stato il reale sacrificio di tante persone innocenti.
Angelo Morizzi

lunedì 5 novembre 2018

Pisticci ha ricordato i caduti della Grande Guerra



La celebrazione del 4 novembre nel ricordo e l’omaggio ai caduti di guerra. Anche quest’anno Pisticci ha voluto onorare in modo solenne la ricorrenza nazionale che, per l’occasione, in modo particolare ricorda il centesimo anniversario della vittoria della “Grande Guerra”. La manifestazione, organizzata dall’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Viviana Verri, si è svolta davanti al sacrario dei caduti, da poco rimesso a nuovo.
Come da programma, un corteo è partito da Piazza Umberto I alla presenza del sindaco, del suo vice Mara Grazia Ricchiuti, di rappresentanti dell’Associazione Reduci e del Centro Anziani, con il neo presidente Antonio Avantaggiato, del nuovo comandante della Compagnia dei Carabinieri, capitano Massimo Cipolla, dell’ispettore capo Antonio Grieco del Commissariato della Polizia di Stato, del comandante dei Vigili Urbani, Damiano Fortunato, del colonnello medico dell’Esercito Francesco Vena, dei due generali in pensione Eduardo Minaia e Berardino Quinto, oltre a rappresentanti di altri enti e associazioni e all’ex sindaco Domenico Giannace.
Dopo aver attraversato corso Margherita e via Pagano, il corteo si è diretto al monumento dei Caduti, dove è stata deposta una corona di fiori da parte del primo cittadino. Nel suo appassionato intervento, il sindaco Verri ha auspicato di “non assistere mai più a guerre e lacrime da parte delle famiglie dei soldati che servono la patria. Quella del 4 novembre è la giornata del ricordo, ma anche e soprattutto una data che ci deve far riflettere sugli errori del passato e far capire che la storia che l’ha accompagnato, sia di insegnamento per le generazioni presenti e future”.
Il presidente del Circolo Anziani, Avantaggiato, ha ricordato i “giovani soldati pisticcesi che si immolarono sui campi di battaglia per difendere la patria”. Interessante il contributo di Antonio Barbalinardo, autore di un recente libro sul centenario della Prima Guerra Mondiale, che con i 186 caduti pisticcesi sul Carso, ha ricordato il fante Michele Capece, morto proprio il 4 novembre 1918. Alla cerimonia è seguita una messa di suffragio da parte di don Antonio Lopatriello.
Michele Selvaggi

mercoledì 10 ottobre 2018

A Bernalda il gruppo “Lion du lys” lancia il progetto web “gruppistorici.it”



La storia in rete. Attraverso un progetto multimediale del Gruppo “Lion du Lys” di Bernalda, sorto da poco nella cittadina jonica. Il sodalizio ha pensato bene di raggruppare all’interno del sito web Gruppistorici.it, il mondo delle rievocazioni storiche. “Lion du Lys” (Leone del Giglio), si ispira al periodo di dominazione angioina di Bernalda del XIII secolo. Il Giglio era il simbolo della dinastia dei D’Angiò, il Leone, invece, rappresenta la Famiglia dei Montfort, eredi della signoria di Castres, consanguinei del re Carlo I D’Angiò.
Giovanni di Monfort, esperto di fortificazioni e di manutenzione di difese regie, è stato uno dei personaggi cardine della dinastia angioina in tutto il sud Italia. E a lui sono dedicati gli eventi raccontati dal neonato gruppo storico bernaldese. Il progetto, infatti, intende valorizzare i personaggi che hanno manifestato interesse per il territorio. Il gruppo “Lion du Lys” si compone di un numero elevato di figure riguardanti il periodo e gli avvenimenti storici specifici. Ma ha guardato anche oltre, creando il portale www.gruppistorici.it. Una piattaforma di scambi culturali, con svariati gruppi storici nazionali, che vanta all’interno già un nutrito numero di sodalizi.
“Lion du Lys”, però, non dimentica quelli presenti sul territorio bernaldese, e lancia la proposta di creare un consorzio di gruppi locali, al fine di coordinare attività, progetti e politiche comuni. Per promuovere la storia e valorizzare le professionalità locali. Una sfida già vinta, grazie al team sartoriale guidato da Stefania Basile, che ha confezionato, interamente a mano, l’intera collezione degli abiti del corteo. Realizzati con  un attento studio sul periodo storico di riferimento, e presentati nel corso del Corteo storico di San Bernardino del 23 agosto scorso. 
Angelo Morizzi

venerdì 21 settembre 2018

Pisticci e quel settembre del '43.



Quel settembre del 43, caratterizzato da un episodio clamoroso. Con la morte di tre militari tedeschi in seguito allo scoppio di una mina in località “Varre”, alla periferia sud dell’abitato. Cosa che comunque evitò uno scontro armato violento con la popolazione pisticcese pronta a difendersi. Sono i ricordi settembrini di quel fatidico anno, caratterizzato da due vicende che qui non sono state mai dimenticate.
La prima ci ricorda appunto, la difesa che la città organizzò per contrastare una colonna di automezzi militari tedeschi, dopo lo sbarco alleato in Sicilia, in ritirata verso il nord. Come ci rammenta lo storico Giuseppe Coniglio nel suo lavoro “La colonia confinaria di Pisticci”, un mezzo pesante di quella colonna saltò in aria causando la morte di tre militari. I tedeschi, impossibilitati ormai a proseguire, tornarono indietro e raggiunsero Corleto Perticara dove poi sarebbero stati annientati dall’artiglieria canadese.
“Quella sera – si legge nel libro - tutta Pisticci armata di fucili da caccia, pistole, coltelli, bastoni, zappe e quanto altro si poteva recuperare, era pronta a sfidare le truppe tedesche in ritirata, fuori le mura della città. Una mobilitazione generale insomma. Quello scoppio fuori dell’abitato però, cambiò i piani degli invasori e Pisticci così poté tirate un sospiro di sollevo per lo scampato pericolo. Un episodio questo, che sicuramente risparmiò la nostra città da uno scontro armato e forse da una strage”.
L’altro episodio, che forse pochi ricordano, ci spiega che poco più in là, l’8 settembre 1943, dopo una permanenza di un paio di mesi, ci fu la partenza da Pisticci di un presidio di soldati tedeschi accampati nel rione Terravecchia. Giovani tutti di una straordinaria educazione e rispetto della altrui persona, ma anche pieni di bontà e generosità, come dimostrarono i piccoli aiuti ad alcune famiglie bisognose di quell’antico rione. Per quasi tutta l’estate di quel fatidico anno infatti, un pullman militare con tanto di antenne e radio trasmittenti, era stato posizionato strategicamente tra il castello e il serbatoio idrico dell’allora Acquedotto dell’Agri. Sito piuttosto occulto, alla periferia dell’abitato, dove vivevano un centinaio di famiglie.
Ebbene, per tutto questo periodo la colonna militare parcheggiata, rimase li guardata a vista da una trentina di soldati germanici che nel frattempo ebbero modo di familiarizzare con la gente del posto. Non uno sgarbo o una parola di troppo, ma tanto rispetto per le persone e le famiglie del rione in cui, giorno dopo giorno, si cercò di voler scoprire a fondo anche i nostri usi e costumi, non esclusa la conoscenza della buona cucina che, per i tempi magri che si attraversavano, aveva ben poco da offrire. Ma quel poco e quel tanto bastava per far assaporare le nostre specialità a quei giovani soldati tedeschi che sicuramente, per chi ebbe la fortuna di ritornare in patria, ne fece buon uso delle nostre ricette. Quel gruppo di militari abbandonò Pisticci nei giorni successivi l’8 settembre, lasciando in loro stessi e in quella parte della popolazione della Terravecchia che li aveva ospitati, parecchio rammarico.
Non sappiamo quale fu la sorte riservata a quei militari. E’ certo però che, al di là di quelle che erano le contrapposizioni belliche del momento, quei giovani stranieri lasciarono da noi un buon ricordo e chi ha una certa età ed ha vissuto quelle vicende, non potrà mai dimenticare.
Michele Selvaggi

lunedì 27 agosto 2018

Anche la scrittrice Edvige Cuccarese sul palco dei festeggiamenti per i 500 anni di Rotondella.



"Il mondo è rotondo. Chi parte, perde tempo”. Pino Suriano, presentatore della serata inaugurativa dei 500 anni dalla nascita di Rotondella, ha aperto la manifestazione con una frase di Ignazio Silone, mentre per Edvige Cuccarese, arrivata sul palco dei festeggiamenti, è stato un ritorno alle origini. Stimata autrice di diversi libri che quest’anno festeggia 12 di attività letteraria, durante i quali ha girato in lungo e in largo l’Italia, riscuotendo successo e ammirazione per i suoi lavori di scrittura e i suoi interventi in importanti Convegni ed incontri culturali, anche a livello internazionale, approdando ultimamente anche in Libano con il suo ultimo libro, nel suo intervento, in qualità di cultrice di ricerca storica, ha fatto una sintesi panoramica del territorio di Rotondella da prima del 1518 fino al ‘900, soffermandosi sui punti più significativi e formulando gli auguri a Rotondella e ai rotondellesi, carica d’emozione. 
Cuccarese ha fatto emergere la natura interiore dell’uomo in connessione con le realtà circostanti contraddistinguendosi per sensibilità poetica e agiografica che la caratterizza. La manifestazione ha visto una massiccia partecipazione di pubblico, sia in piazza che in diretta streaming da tutto il mondo, con più di duemila collegamenti dall’Italia, dall’Argentina, dalla Francia, dalla Germania e dagli Stati Uniti.