La
costa jonica e quella tirrenica lucane respirano: gli stabilimenti balneari,
infatti, non sono da considerarsi servizi, ma beni. Proprio per questo, vanno
esclusi dall’applicazione della direttiva Bolkenstein e, dunque, non devono
essere messi all’asta.
Lo ha precisato nel corso del convegno “L’euro, l’Europa
e la Bolkestein spiegati da Frits Bolkestein”, che si è svolto alla Camera dei
Deputati su iniziativa dell’associazione Donnedamare, capitanata da Bettina
Bolla, proprio l’ideatore della famigerata direttiva. Il quale, da Commissario
europeo per il Mercato interno, la Tassazione e l’Unione doganale, all’epoca
della presidenza di Romano Prodi, è stato l’autore della direttiva che porta il
suo nome, sulla libera circolazione dei servizi nell’Ue.
La sua affermazione è
stata accolta da una vera e propria ovazione da parte dei titolari delle
imprese balneari, presenti a Roma in numero massiccio, i quali da anni vivono
con l’incubo della direttiva Bolkestein, vista come una vera e propria tagliola.
Per il padre della direttiva, dunque, alle concessioni balneari non si applica
la normativa sulla libera circolazione dei servizi, contrariamente a quanto
previsto dal legislatore italiano che, evidentemente, nel recepire la suddetta
direttiva l’aveva trasformata in un qualcosa di tipicamente “italiano”, cioè
diverso dall’originale. Proprio per combattere la norma i balneari lucani sono
da tempo sul piede di guerra. A Roma erano presenti il manager del lido Sabbia
d’Oro di Scanzano Jonico, nonché componente di Confindustria Basilicata
Giovani, Giuseppe Ferrara, Sigismondo Mangialardi e Massimo De Lorenzo, di
Confesercenti, mentre per il fronte tirrenico era presente Roberto Schettino,
presidente dell’associazione Balneari Maratea.
Vista come un modo concreto per
mandare in fumo i numerosi sacrifici di intere generazioni, la direttiva
Bolkenstein è stata aspramente combattuta sin dalla sua emanazione per gli
effetti nefasti che, secondo i balneari, potrebbe avere. Va rimarcato che il
settore è trainante: in Basilicata, infatti, oltre il 60% del turismo vuol dire
mare, con oltre un milione di presenze solo sui sugli oltre 30 chilometri di
spiagge joniche. La “perla del Tirreno”, poi, non è da meno e, anche per queste
caratteristiche di punta, il settore lucano chiede da tempo nuovi piani sia per
i lidi che per le coste. Secondo il Sindacato Italiano Balneari, in Italia si
contano 87mila imprese, 418mila occupati, consumi per 24 miliardi ed un valore
aggiunto di 14 miliardi di euro. Le concessioni demaniali sono 28mila, circa
due terzi quelle destinate ad uso turistico-ricreativo, 100mila gli occupati
diretti del settore. E il mare si conferma la prima destinazione turistica
italiana con il 30% delle presenze complessive ed un trend in costante crescita
per il turismo straniero (+13% dal 2008).
All’incontro romano era presente
anche il senatore lucano della Lega, Pasquale Pepe. “Finalmente – ha dichiarato
Pepe - anche su questa vicenda si è fatta chiarezza: la direttiva non coinvolge
i balneari, poiché l’oggetto del loro rapporto con lo Stato non riguarda un
servizio, ma la concessione di un bene. È evidente, allora, che la lettura che
il centrosinistra italiano ne ha dato è stata sbagliata, se non strumentale ed
in mala fede”.
Piero Miolla
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