“Gli analfabeti totali in
Basilicata restano all’incirca l’11% ma il dato, riveniente dalla famosa
indagine del compianto Tullio De Mauro, è in lieve miglioramento, così come lo
è in generale la situazione regionale sul tema”. A parlare è il delegato regionale
dell’Unla (Unione nazionale per la lotta contro l’analfabetismo) per la
Basilicata, Leonardo Pace che conferma che i dati
regionali sul tema non sono freschissimi e, in ogni caso, cozzano con quelli
nazionali: in Italia, infatti, la percentuale degli analfabeti totali è del 3%.
In Basilicata resiste un vero e proprio nocciolo duro di
incolti che sale oltre il 40% per i cosiddetti analfabeti di ritorno, quei
soggetti, cioè, che pur avendo conseguito la licenza media inferiore mostrano
comunque difficoltà di comprensione e di lettura. Il problema non è solo della
Basilicata. I dati Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo
economico), infatti, rivelano che 7 italiani su 10 (dai 15 ai 65 anni) non
comprendono un testo letterario, un contratto d’affitto o di un’utenza
domestica, una polizza assicurativa, un articolo di giornale. In tal caso si
parla di analfabetismo funzionale, che in Basilicata tocca quota 30%,
“soprattutto tra coloro che hanno un titolo di studio non alto”, ha ricordato
Pace.
A differenza dell’analfabeta strutturale, quello funzionale sa leggere e
scrivere, ma non capisce ciò che legge o, meglio, non ha gli strumenti
analitici e critici per avvantaggiarsi di quello che legge, ascolta o apprende,
trasformandolo in benzina per il suo agire sociale e la sua attività
lavorativa. Insomma non si tratta (solo) di leggere un manuale senza capirlo,
ma di non avere gli strumenti adatti a formarsi un’idea propria e originale del
mondo circostante e delle sue dinamiche. Anche in Italia gli analfabeti
funzionali sono quasi il 30% della popolazione, come ha confermato il Piaac (Programme
for the International Assessment of Adult Competencies), programma dell’Ocse:
siamo al quarto posto nel mondo.
Insomma, se la Basilicata non è un’isola
felice lo deve anche al contesto in cui si trova, cioè l’Italia. Che, in
merito, potremmo considerare come un “penisola infelice”.
Piero Miolla
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