E’ di questi giorni il dato Istat
secondo cui la disoccupazione giovanile è nuovamente aumentata: un giovane su
tre non lavora. Questi dati, ovviamente, sono frutto di anni di cattiva
politica, ma una situazione è evidente: tema principale del dibattito politico
ultimamente sono le pensioni, un paese che è il più vecchio d’Europa pensa alle
pensioni. Quota 100, superamento riforma Fornero, riscatto degli anni di laurea
e tanto altro. Tutti temi interessanti forse per la maggior parte dei cittadini
italiani e forse anche appetibili per chi deve costruire consenso elettorale.
Ma ai giovani, che alla soglia dei 30 anni non hanno versato alcun contributo,
ai giovani che hanno nel precariato la loro esistenza, a chi si vede costretto
ad emigrare, delle pensioni non interessa forse perché alla pensione non
arriverà mai.
Non è un pensiero egoistico o di
guerra generazionale, ma la dura realtà. Forse una nazione che si regge sulle
pensioni dei nonni, una nazione che vede come fattore principale di
realizzazione nell’ambito professionale quello di provenire da una famiglia
benestante, una nazione con queste fondamenta è chiaro che non mira a creare
giovani indipendenti ma bada a salvaguardare il “modus vivendi” attuale, non
considerandone tutte le cattive conseguenze. Nei primi sei mesi di governo,
tanti sono stati i proclami ma nessun intervento a favore della crescita
economica, a favore del lavoro giovanile. Siamo passati dai vecchi governi che
hanno condannato le giovani generazioni al precariato avendo il coraggio di
chiamare “bamboccioni” chi rimane a casa con i genitori, all’attuale situazione
che si muove sempre veno verso le esigenze di chi vuole vivere restare in
Italia.
Dal “Decreto Dignità” fino al
decreto sicurezza, ci sono stati fino ad ora solo “cambiamenti” su temi
elettoralmente forti. Non a caso,
accanto ai dati sull’occupazione, un altro dato inquietante è emerso dall’immagine
dell’Italia mostrata dall’Istat: l’ennesima diminuzione delle nascite e,
stavolta, non solo riguardo alle coppie italiane, ma anche ai cittadini
stranieri con buona pace di chi ha costruito il proprio consenso sulla
supremazia del “prima gli italiani”. Ma consoliamoci: una recente ricerca ha
fatto emergere che si è veramente anziani solo a 75 anni e che i 65enni di oggi
hanno le stesse capacità dei 45enni di 30 anni fa.
William Grieco
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