“La facoltà di Medicina e
Chirurgia all’Università di Basilicata? Come ho già avuto modo di comunicare
per le attuali regole l’Unibas non può aprire medicina: possono farlo solo gli
atenei che hanno già il corso di studio e con alcune limitazioni”.
Le dichiarazioni
di Aurelia Sole, magnifico rettore dell’ateneo lucano, affievoliscono non solo
e non tanto le speranze di chi guardava alla nuova facoltà come alla classica
panacea per tutti i mali, ma anche, e forse soprattutto, il dibattito che,
specie in politica, ha negli ultimi tempi cercato di spiegare e motivare con la
mancanza della facoltà di Medicina in Basilicata l’endemica carenza di medici
in regione. Un dibattito che, quindi, dopo questa presa di posizione forse
cesserà o, se non altro, prenderà un’altra piega. Magari in attesa che cambino
le regole o maturino i presupposti per far alzare il livello di offerta
formativa dell’ateneo potentino.
Di recente, va ricordato, a lanciare l’allarma
sullo stato di salute della sanità lucana, stretta tra la morsa della mancanza
di medici e infermieri, corsi di laurea agognati e blocco del turnover fino al
2020, era stato Gianfranco Gallo, già rappresentante del Tribunale dei Diritti
del Malato. Il quale aveva ricordato soprattutto la mancanza di medici e infermieri,
con la conseguenza che i sanitari spesso sono costretti a turni massacranti,
così come i pazienti mostrano scarsa soddisfazione.
C’è poi il problema delle
ex guardie mediche (al centro in questo ultimi mesi della durissima vertenza
sui tagli alle indennità, con annessa richiesta di restituzione di quelle
percepite secondo la Regione indebitamente) e quello rappresentato da chi, pur
vincendo un concorso e risultando destinato a una determinata sede, la rifiuta
rendendo vana quella procedura concorsuale.
Tornando al tormentone
dell’attivazione di un corso di laurea in Medicina all’Università della
Basilicata, Gallo aveva osservato che “si investe molto nell’ateneo lucano, con
corsi di varia natura, mentre poi non si è dato seguito ad annunci relativi a una
facoltà di Medicina in lingua inglese. Morale della favola? Gli studenti lucani
che scelgono di diventare medici frequentando il corso di laurea fuori regione,
nella stragrande maggioranza non rientrano per esercitare la loro professione:
così facendo, dunque, manca la materia prima “indigena” e si è costretti a
rivolgersi a professionisti di fuori regione.
Una situazione difficile, dunque,
che forse andrebbe affrontata in altro modo, tenuto conto che attiene alla
salute dei lucani. Individuare soluzioni diverse e migliori, quindi, potrebbe
essere la mission del nuovo Governo regionale. Perché sullo sfondo c’è, sempre
di più, l’endemica mancanza di personale sanitario. UN tema sul quale,
evidentemente, non ci si può permettere di scherzare.
Piero Miolla
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