giovedì 29 novembre 2018

Vertenza ex guardie mediche, altra sentenza sfavorevole per la Regione



La Regione Basilicata non poteva unilateralmente decidere di abrogare l’articolo 35 dell’accordo integrativo regionale e, quindi, sospendere la corresponsione alle ex guardie mediche delle indennità da esso previste. Inoltre, quanto contemplato dallo stesso articolo 35, e cioè la corresponsione delle predette indennità, non contrasta con la norma gerarchicamente superiore, cioè il contratto nazionale. Anche per questo, dunque, quell’articolo non andava cassato e le delibere successivamente adottate vanno disapplicate, in quanto la sospensione delle indennità è illegittima. 
Lo ha deciso il giudice del lavoro del Tribunale di Potenza, Rosa Larocca, a margine del procedimento incardinato in seguito al ricorso di alcuni medici di continuità assistenziale, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Donatello Genovese, del foro di Potenza, i quali avevano agito anche per evitare di essere costretti a restituire quelle indennità che, a giudizio della Regione Basilicata, andavano restituite. Via Anzio, dunque, a giudizio del magistrato avrebbe sbagliato due volte nell’ormai celebre vicenda delle indennità sospese alle ex guardie mediche lucane: da un punto di vista procedurale, perché non avrebbe dovuto decidere unilateralmente, dovendo dapprima convocare la procedura di concertazione negoziata, del resto utilizzata in sede di Air. Ma anche nel merito, in quanto secondo il giudice non c’è contrasto con il contratto collettivo nazionale: l’Air, infatti, non contiene una deroga non consentita alla fonte gerarchicamente sovraordinata (l’accordo nazionale, appunto) e l’articolo 35 non andava abrogato, come, di fatto, è avvenuto. 
Per l’effetto, la Larocca ha ordinato l’Azienda sanitaria di Potenza al pagamento in favore dei ricorrenti in servizio delle indennità oggetto della querelle, oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge, da dì del dovuto e fino al soddisfo. Il giudice ha invece rigettato la richiesta dei ricorrenti di condannare al risarcimento dei presunti danni la Regione e l’Asp, in quanto non vi sarebbero state prove concrete di siffatti danni. Quella depositata di recente non è certo la prima sentenza sfavorevole, sul tema, a Regione e Asp, mentre al momento non si hanno notizie di simili iniziative da parte dei medici di continuità assistenziale in servizio all’Asm. 
Il caso, è ormai arcinoto, ebbe inizio dall’indagine avviata dalla Corte dei Conti, in considerazione della quale la Regione Basilicata aveva subito provveduto a revocare, con delibera 347-17, la corresponsione delle siffatte, riconosciute alle ex guardie mediche per rischi derivanti dalla peculiarità del servizio svolto; per l’assistenza resa alla popolazione in età̀ pediatrica e per l’usura della macchina per l’eventuale utilizzo del proprio automezzo. Dopo la revoca, via Anzio incaricò le Azienda Sanitarie per l’avvio del recupero di quelle elargite negli ultimi 10 anni: in totale, alle ex guardie mediche fu chiesta la restituzione di 18 milioni di euro (12 ai medici della provincia di Potenza, 6 a quelli del Materano), circa 500 euro pro capite.
Piero Miolla

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