domenica 9 dicembre 2018

La Basilicata e il "lavoro in nero". Ecco i dati


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In Basilicata la platea dei lavoratori in nero si attesta sulle 30mila unità. Il dato, reso noto dall’Alleanza delle Cooperative, fotografa in modo inequivocabile un fenomeno che stenta ad essere eradicato e che, invece, continua ad alimentarsi. Più nel dettaglio, nella nostra regione sono vari i comparti interessati dal fenomeno, ad iniziare dal lavoro stagionale che coinvolge anche mano d’opera proveniente da altre regioni. Nessun comparto, in pratica, sarebbe esente dal fenomeno, anche se si sottolinea come quello agricolo sia il più esposto, seguito dall’edilizia e dalla ristorazione. Particolarmente attivo anche da noi, inoltre, il fenomeno del lavoro nero nelle cosiddette false cooperative, che prediligono soprattutto i campi e, in particolar modo, l’area del Metapontino, la cosiddetta “California del Sud”. 
Più in generale, l’area di evasione contributiva supererebbe, a livello nazionale, i 100 miliardi all’anno: anche in Basilicata, peraltro, il “nero” toccherebbe cifre importanti, non quantificate, ma comunque sottratte al fisco con tutte le conseguenze che si possono facilmente immaginare. Anche da noi, dunque, soprattutto in taluni ambiti, imperano i cosiddetti “caporali”, i quali impongono salari da fame e, in generale, danno adito a quel lavoro sottopagato che rappresenta una vera e propria piaga sociale, oltre che alimentare la voragine fiscale. Un fenomeno, però, che spesso è tacitamente tollerato da chi avrebbe, invece, la forza per rifiutarlo: è infatti innegabile che sovente siano gli stessi imprenditori (o, comunque, i datori di lavoro), che, sapendo di risparmiare, non si fanno troppi problemi a rivolgersi ai “caporali”. 
Insomma, un fenomeno che sembra il più classico dei cani che si morde la coda, per combattere e sconfiggere il quale ci vorrebbe innanzitutto la vera, effettiva collaborazione dei datori di lavoro. In secondo luogo maggiori mezzi e uomini per combatterlo, e, infine, anche leggi e normative più serrate. La Basilicata, poi, con il suo tessuto sociale e, soprattutto, con la sua fame di lavoro sembra prestarsi benissimo a farea “da spalla” al lavoro nero. Ricattare chi cerca un lavoro, specie i più giovani, torna molto semplice quando il lavoro latita. Una situazione che ci accomuna a tutto il Meridione d’Italia, dove a volte la parola d’ordine sembra essere omertà. Difficile, dunque, ribellarsi e denunciare, ma questo vale solo per chi cerca disperatamente un lavoro. Come detto, invece, la posizione di imprenditori (agricoli e non solo), commercianti e ristoratori, solo per rimanere nei settori che sembrano maggiormente colpiti, non può certo essere assecondata: da loro, soprattutto da loro, dovrebbe partire, se non proprio una ribellione, quantomeno un segnale. 
E’, però, evidente, che a volte anche l’imposizione fiscale e tributaria porta chi offre lavoro a fare finta di niente, oppure ad accontentarsi. Per questo il sistema andrebbe rivisto nel suo insieme, magari cercando di abbassare le tasse. La domanda che in tanti si fanno, a questo punto, è: riuscirà il tanto decantato “Decreto Dignità” ad intervenire in positivo sul settore? O, come qualcuno già sostiene, alle buone intenzioni che avrebbero ispirato il provvedimento non faranno seguito i fatti auspicati? 
Piero Miolla

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